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COOKIESu gentile concessione di Fondo Italia (fondoitalia.it) riprendiamo l'articolo di Giorgio Capodaglio pubblicato in occasione dell'annuncio del rinvio del divieto di utilizzo di prodotti florurati.
Rinvio di un anno del divieto di utilizzo del fluoro: una decisione obbligata che non cancella la brutta figura
Fin dall'inizio sembrava chiaro a tutti che un anno fosse un periodo di tempo troppo breve per una svolta così epocale, ma le federazioni sono andate avanti per la loro strada esponendosi a meritate critiche
Una decisione di buonsenso o forse sarebbe meglio dire obbligata
per non incappare in clamorose figuracce o situazioni spiacevoli
che avrebbero potuto far venire meno la regolarità delle
competizioni. Di fronte all’impossibilità di avere a disposizione
uno strumento in grado di rilevare con certezza la presenza di
fluoro sotto gli sci, la FIS e l’IBU hanno deciso di rimandare di
un anno l’attuazione del divieto di utilizzo dei prodotti
fluorurati. Una conclusione che un osservatore attento poteva
prevedere già dallo scorso novembre, quando la FIS per
prima decise di introdurre questo divieto a partire dalla stagione
2020/21. Subito avevamo messo in evidenza i rischi di porre un
divieto così imminente, legati alla grande difficoltà nel
regolamentare il tutto in un solo anno. Innanzitutto bisognava
stabilire le regole (limiti, penalità e tutto il resto), ma
soprattutto era necessaria la costruzione di uno strumento
portatile in grado di rilevare con esattezza la presenza o
meno di fluoro sotto gli sci, per poi produrlo in un numero
sufficiente a coprire tutte le competizioni internazionali di FIS e
IBU, ma anche nazionali. Che ciò fosse utopico si era già compreso
durante i vari meeting che si sono svolti lo scorso inverno, tanto
che non c’è mai stato il minimo dubbio sul fatto che le gare
nazionali non avrebbero avuto alcun controllo. Questo avrebbe
costretto gli atleti a giocarsi titoli nazionali e convocazioni in
Coppa del Mondo con sci lavorati con il fluoro, per poi utilizzare
un altro paio di sci nelle gare internazionali. Senza dimenticare
il pericolo che qualcuno potesse trovare un metodo per riuscire ad
evitare di essere sanzionato nei controlli magari utilizzando un
materiale coprente, oppure il rischio che un paio di sci potessero
risultare positivi perché lavorati per anni con il fluoro o per
averlo raccolto in pista dagli sci di qualcun altro in pista.
Tante, troppe variabili per pensare di riuscire a raggiungere
l’obiettivo entro un anno.
Ma soprattutto la FIS non ha voluto ascoltare le tante perplessità
di numerosi team e addetti ai lavori, andando avanti per la sua
strada senza ascoltare, forte dell’appoggio di chi nel Nord Europa
aveva fortemente voluto questo cambiamento epocale. Sia
chiaro, non critichiamo l’idea “green” alla base di
questa decisione. Siamo d’accordo nel proporre l’utilizzo
di prodotti non inquinanti o evitando quelli pericolosi per la
salute degli atleti e di chi lavora nell’ambiente. Siamo altresì
convinti che ogni svolta e divieto abbiano anche bisogno del tempo
necessario per permettere a tutti di adeguarsi, comprese in questo
caso le stesse aziende produttrici che dopo anni di lavoro per
trovare un modo per purificare il fluoro dal PFOA (vietato
dall’unione Europea a partire da luglio 2020, ma con una
comunicazione arrivata con tanti anni di anticipo) si erano trovate
addirittura un divieto completo del fluoro che sarebbe stato
attuato dopo appena un anno.
Probabilmente le federazioni internazionali hanno sofferto
in questo caso di esagerato ottimismo nel pensare che in
meno di un anno sarebbero riuscite a formulare le nuove regole,
fabbricare uno strumento di controllo da produrre nel numero
necessario per coprire tutte le competizioni, consentire ai team di
fare tutti i test e avere delle gare eque. Alla fine sono state
costrette a tornare sui propri passi di fronte all’evidenza
dell’impossibilità di poter attuare la loro decisione.
Basta però guardare la data odierna confrontandola con quella del
via delle competizioni internazionale per rendersi conto che non è
stata fatta una bella figura. Fino all’ultimo, infatti, FIS
e IBU hanno cercato di portare avanti la loro idea, anche
contro i crescenti malumori delle varie nazionali, comprese quelle
provenienti da quel Nord Europa che più degli altri sta spingendo
per questo cambiamento epocale. Si è arrivati ad organizzare solo a
due mesi dal via della stagione i primi test per le squadre, con
appena due skimen per team che avrebbero avuto una sola ora a
disposizione per conoscere il dispositivo e imparare ad usarlo per
poi riferire agli altri una volta tornati in patria. Prove poi
saltate per problemi avuti proprio dal prototipo del Fluorine
Tracker. Anziché annunciare un rinvio immediato del divieto, però,
si è andati ostinatamente avanti e si è perso un altro mese. Nel
frattempo, per non farsi trovare impreparate, tante squadre hanno
iniziato a pulire truck e cabine dal fluoro lavorato per tanti
anni, spendendo anche risorse economiche per questo. Reso tutto
inutile però da un ripensamento arrivato troppo tardi.
Ora il divieto del fluoro diventerà ugualmente realtà ma a partire dalla stagione 2021/22, con un anno di prove sul campo e il tempo necessario per i team di prendere confidenza con questa svolta epocale. Ci sarà un anno intero per testare, gli skimen potranno conoscere il dispositivo di prova nel corso della stagione, anziché farlo in un’ora a due mesi dal via. Finalmente si agirà come si sarebbe dovuto agire fin dall'inizio e ci sorprende che qualcuno aveva pensato il contrario. Restiamo comunque convinti di quanto scrivemmo all’origine: il divieto andava imposto a partire dalla stagione 2022/23 per dare maggior tempo a tutti di adeguarsi e trovare anche nuovi prodotti privi di fluoro di alto livello. Fare una svolta epocale nella stagione dei Giochi Olimpici non ci sembra la mossa migliore per avere delle Olimpiadi il più regolari possibile, ma certamente, visto come si erano messe le cose, possiamo accontentarci.
Siamo certi che dagli errori si impari tantissimo. Proprio per questo, abbiamo buoni motivi per augurarci che dopo questa brutta figura, perché tale è stata, le federazioni imparino ad agire in modo diverso e inizino a dare maggior ascolto a tutti gli addetti ai lavori quando si tratta di prendere delle decisioni tanto importanti, anziché imporle dall’alto.
Giorgio Capodaglio